mercoledì 15 maggio 2013

I disturbi alimentari nella prima infanzia. Una prospettiva relazionale


Durante la prima infanzia l’alimentazione è l’attività sociale ricorrente che maggiormente influenza lo sviluppo della relazione tra madre e bambino. Il neonato è naturalmente predisposto a sviluppare una relazione con il caregiver (di solito la madre), anche la maturazione dei vari organi sembra collaborare all’andamento di tale attività, infatti, il neonato è in grado di vedere meglio oggetti posti a circa 25 cm di distanza, che è più o meno la stessa distanza dagli occhi della madre quando è al seno. (Ammaniti et al., 2004).

Tenendo conto di tali precoci interazioni la Dott.ssa Irene Chatoor propone una classificazione diagnostica per i disturbi alimentari nella prima infanzia. La classificazione clinico-evolutiva proposta da Chatoor, inclusa nella recente revisione della Classificazione Diagnostica della salute mentale e dei disturbi di sviluppo nell’infanzia (Zero-To-Three: National Center for Infants, Toddlers and Families, Washington DC USA, 2005),  si fonda su un modello diagnostico che prende in esame il disturbo del bambino in una prospettiva di sviluppo e relazionale, in cui le dinamiche precoci dello sviluppo dei pattern alimentari del bambino si intrecciano costantemente con le dinamiche relazionali del sistema di comunicazione affettiva genitore-bambino.

Nella classificazione 0-3 i disturbi alimentari vengono definiti come una difficoltà del bambino a stabilire pattern regolari di alimentazione con adeguata immissione di cibo (crescita irregolare non dovuta a cause organiche), il bambino non è in grado di regolare la propria alimentazione con i propri stati fisiologici di fame e sazietà, in particolare Irene Chatoor propone quattro sottogruppi diagnostici:
·   Disturbo alimentare dell’omeostasi: si manifesta tra la nascita e i primi tre mesi di vita. Le difficoltà si riscontrano nello stabilire un’alimentazione regolare e calma. Il bambino è irritabile, iper-eccitabile, si distrae facilmente, mostra un’eccessiva sonnolenza e si fa fatica a svegliarlo al momento dell’allattamento. Mentre alcune madri riescono a modificare la loro stimolazione durante l’allattamento compensando la vulnerabilità del piccolo, altre non riescono e sviluppano stati d’ansia e depressione, intensificando così le difficoltà alimentari del figlio. Di solito in quest’ultimo caso la relazione madre-bambino è caratterizzata da scarsa reciprocità e inadeguato aumento di peso del piccolo. In molti casi il bambino con questo disturbo mostra difficoltà anche nelle fasi successive quando deve acquisire autonomia nell’alimentazione;
·   Disturbo alimentare dell’attaccamento: si manifesta tra due e otto mesi. Rappresenta una mancanza di sintonizzazione affettiva madre-bambino in un momento in cui, invece, gli scambi visivi, sociali e tattili dovrebbero consolidare il legame. Durante i pasti emergono assenza di coinvolgimento, di piacere reciproco, di contatto fisico e di scambi comunicativi e affettivi. Il bambino mostra una mancanza di risposte sociali appropriate all’età, come il sorriso, la reciprocità vocale e il contatto visivo; spesso c’è evitamento dello sguardo quando l’altro si avvicina. La madre in questi casi nega la presenza di qualsiasi tipo di disturbo nell’alimentazione del bambino; in molti casi la madre sviluppa questo tipo di interazione disfunzionale a seguito di un disturbo della personalità, dell’abuso di alcool o droghe o di una depressione acuta. 
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Disturbo alimentare di separazione (anoressia infantile): si manifesta tra i sei mesi e i tre anni, durante il passaggio all’alimentazione autonoma. E’ caratterizzato da un persistente rifiuto del cibo o un’estrema selettività, e da un intenso conflitto nella relazione con il caregiver. Gli scambi interattivi, infatti, mostrano una vera e propria lotta per il controllo in cui l’ostinazione e la caparbietà del bambino si oppongono alle difficoltà della madre nel negoziare le risposte negative e conflittuali. Il rifiuto del cibo varia da pasto a pasto e in base al caregiver. La madre non è capace di rispondere in modo adeguato ai bisogni del figlio e risponde sempre in modo intrusivo (forza il bambino a mangiare quando è emotivamente stressato, lo distrae con il gioco per farlo mangiare anche quando è sazio ecc..)
·  Disturbo alimentare post-traumatico: si manifesta improvviso rifiuto del cibo dopo un evento traumatico (episodi di vomito ripetuti, procedure mediche e manipolazioni invasive..); di solito il pasto è preceduto da una forte ansia e da reazioni fobiche che si esprimono attraverso il pianto e le proteste. Questo disturbo è solito manifestarsi all’improvviso in bambini che prima non avevano alcun tipo di problema. I genitori, preoccupati, diventano ipersolleciti nei confronti del bambino che, di conseguenza, accentua i comportamenti di dipendenza chiedendo ad esempio di poter dormire nel loro letto.

Tale modello sottolinea l’interdipendenza tra temperamento del bambino e personalità del caregiver all’origine di pattern interattivi disfunzionali. In particolare è possibile osservare come le caratteristiche di questi bambini (ostinazione, caparbietà...) si contrappongono alla vulnerabilità
delle loro madri nel far fronte alle risposte negative e conflittuali che emergono durante le interazioni. Alcune madri potrebbero vivere dei sentimenti di insicurezza oppure avere aspettative elevate circa il loro ruolo, spesso misurano la loro competenza sulla base di quanto e come il loro bambino mangia. Di conseguenza se la mamma ha difficoltà a leggere in modo corretto i bisogni del figlio, quest’ultimo assocerà il momento del pasto e dell’interazione con la madre a stati emotivi negativi e diventerà difficile per lui regolare il bisogno di cibo a partire dalle sensazioni fame-sazietà e distinguere queste dalle esperienze emotive di frustrazione, rabbia o desiderio di richiamare l’attenzione del caregiver. Il bambino potrebbe quindi rifiutare il cibo quando il suo comportamento alimentare è condizionato dalla rabbia e dalla lotta emotiva.


Bibliografia
  • Ammaniti M. (2001). Manuale di psicopatologia dell’infanzia. Raffaello Cortina.
  • Ammaniti M., Lucarelli L., Cimino S. (2004), Trasmissione intergenerazionale: Disturbi alimentari infantili e psicopatologia materna, Italian Journal of Psychopathology, 10, pp. 127-129.
  • Zero-To-Three: National Center for Infants, Toddlers and Families, Washington DC USA, 2005.

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